“Un’alleanza, processo creativo, un’opportunità di crescita basata su una partnership in cui si cammina insieme”. A chi gli chiede una definizione di coaching, Francesco Polverari, usa queste espressioni con grande convinzione. Francesco è uno dei coach di PHYD. Con questa intervista, lo andiamo a conoscere meglio.
Francesco, raccontaci del tuo percorso. Come mai sei diventato un coach?
Ho alle spalle una lunga esperienza da manager, in realtà multinazionali. Nel 2007 ho iniziato a studiare e convincermi che l’approccio di coaching fosse decisivo per lo sviluppo del potenziale umano, e questa convinzione mi ha portato negli anni a certificarmi formalmente e divenire coach professionista.
Chi sono i tuoi clienti?
Si tratta di una platea estremamente variegata, dai Dirigenti ai Millennials. I giovani laureati alla ricerca delle loro prime esperienze professionali e le persone alle prese con transizioni professionali verso altre aziende rappresentano circa un terzo.
L’emergenza Covid ha aumentato la domanda di coaching?
Molto, purtroppo! Tante persone si stanno confrontando con un’ansia crescente rispetto al loro futuro e sono felice di pensare che il coaching possa aiutarle a vedere le cose da altre prospettive, utili a affrontare situazioni complesse e sfidanti.
In questo senso, il coaching è per tutti?
La disciplina del coaching contempla una parola per definire l’apertura delle persone a valorizzare le proprie potenzialità, ed è “coachability”, intesa come disponibilità a impegnarsi in un percorso accompagnato da un professionista. Chiunque può essere “coachable” con eccellenti risultati, conta principalmente l’apertura del coachee ad utilizzare le proprie risorse per lavorare meglio e stare meglio.
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