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Working abroad, il lavoro secondo gli expat!

“Ecco perché ho scelto Bangkok!”

Elisa Serafini ci racconta perché ha deciso di trasferirsi nella capitale della Thailandia

 

Imprenditrice, giornalista e investor. Ma anche attivista politica, podcaster e consulente aziendale sui temi della comunicazione e dei public affairs. Elisa Serafini ha sviluppato un percorso professionale che interpreta in modo interessante il futuro del lavoro di cui parliamo così spesso. E, non a caso, Phyd ha già collaborato in passato con Elisa. Oggi la incontriamo nuovamente per approfondire una scelta che, per certi aspetti, potremmo definire sorprendente: trasferirsi in Thailandia, a Bangkok.

 

 

Come mai la Thailandia? Quando pensiamo di andare all’estero per lavoro, siamo portati a guardare al Nordamerica, all’Australia, alla Cina o, da qualche anno a questa parte, agli Emirati Arabi. Tu, invece, hai scelto la Thailandia.

Quando frequentavo la Facoltà di Economia, il mio prof Rodolfo Helg, un economista laureato ad Oxford, invitò tutta la classe a considerare l’Asia come destinazione di scambio universitario. Io invece scelsi, per la seconda volta in 5 anni, gli Stati Uniti. Ho apprezzato gli Stati Uniti per la formazione che mi hanno dato ma ritengo che il futuro sia ad Est. Fattori economici, culturali, tecnologici, geopolitici e demografici stanno attraendo capitali e persone nei paesi del Sud-Est Asiatico e dell’estremo Oriente. Io ho scelto di stare dove si costruisce il futuro e dove ogni giorno si vive con ottimismo. Inoltre ho sempre amato la Thailandia e la cultura buddista, orientata all’inclusione e all’armonia. È un Paese sicuro, con ottima sanità, infrastrutture, tecnologia e dove la lingua inglese è ampiamente conosciuta. È una regione del mondo dove donne e persone LGBTQ+ sono rispettate e amate e dove c’è libertà di espressione. Non possiamo dire lo stesso di altre zone del mondo. Infine, il sistema di tassazione territoriale risulta molto attrattivo per persone come me, che operano con soggetti esteri.

A chi consiglieresti la Thailandia? O meglio, a tuo avviso la Thailandia può rappresentare una meta privilegiata per uno specifico target di professionisti?

La Thailandia è il luogo perfetto per dipendenti che cercano un’esperienza anche di vita, oltre che di lavoro, e che mettono la qualità della vita e il risparmio come priorità. Gli stipendi per i manager stranieri sono più alti di quelli di Milano, ma il costo della vita è un terzo. Un developer junior qui prende oltre 3000 euro netti al mese, e può pagare il suo bilocale con piscina 400 euro al mese. Uno store manager arriva a 6000 euro al mese netti, e un area manager di multinazionale con 10 anni di esperienza supera tranquillamente i 10.000 euro netti.
I costi bassi sono garantiti dalla grandissima concorrenza immobiliare e nei servizi, dal basso cuneo fiscale, e dalle limitazioni all’immigrazione, che, al contrario di Singapore o Hong Kong, hanno ridotto in parte gli investimenti esteri fino ad oggi, per evitare crisi inflattive o abitative.
I liberi professionisti che lavorano con Paesi esteri possono godere di tassazione territoriale, e quindi ridurre al minimo il carico fiscale. Per il sistema startup risultano ancora più attraenti Hong Kong e Singapore, per la facilità. Non è adatto, invece, a chi non è flessibile o aperto al mondo.

La tensione tra Cina e Taiwan si sta alzando. Si parla molto delle ripercussioni che queste tensioni avranno nel rapporto tra Cina e Usa e, di riflesso, nel rapporto con l’Europa. Il sud est asiatico come sta metabolizzando questa crisi?

Il Sud Est Asiatico è composto da Paesi molto diversi tra loro e con storie di colonizzazioni e alleanze diverse. La Thailandia non è mai stata colonizzata ed è un Paese neutrale, amico degli Stati Uniti ma storicamente legato alla Cina. Al momento sta mantenendo una posizione intermedia, ma non ospita basi americane e non intende farlo. Il rapporto con la Cina, anche da un punto di vista culturale e storico, è troppo forte.

Tre consigli che daresti a chi vuole trasferirsi a Bangkok.

Trasferirsi in qualunque periodo dell’anno, tranne marzo e aprile, che sono i mesi più caldi e non adatti ad una “prima impressione”, scegliere con attenzione il condominio in modo da godere delle facilities condominiali che solo in Thailandia si possono trovare (piscine mozzafiato, palestre ecc..), partecipare ad eventi e happenings (ad esempio scambi lingua, seminari su tecnologia e AI ecc..) organizzati dai thailandesi e da expats attraverso app come MeetUp e gruppi social. Ne darei un quarto: studiare bene le ipotesi di immigrazione, ci sono visti come Elite Visa che permettono ai libero professionisti di trasferirsi qui pagando un importo anticipato, che sostituisce il visto dipendenti o imprenditori.

I millennials hanno subito a lungo il fascino dell’american dream. La Gen Z a tuo avviso ha qualche “mito” geografico? E se sì, quale potrebbe essere?

La Gen Z si sta appassionando molto alla Korea: è un cambio di paradigma molto importante che i Millennials non hanno mai vissuto. La Thailandia è un ottimo entry level per l’Asia, al contrario della Korea è più facile trasferirsi per costi e lingua inglese più ampiamente parlata. Però si tratta di un Paese complessivamente più povero.

Quale è la tua giornata-tipo a Bangkok? Di cosa ti occupi?

Mi sveglio molto presto, anche prima delle 6, faccio una camminata nel vicinato, incontro scoiattoli e uccelli. Poi scrivo articoli, testi e libri per i miei clienti fino alle 12 circa. Mi occupo della mia startup e degli investimenti nel primo pomeriggio. Il tardo pomeriggio è dedicato alle call con l’Italia o palestra e piscina. La sera esco quasi sempre. Da quasi 7 mesi non cucino quasi mai, poiché è più conveniente ordinare o mangiare fuori. La Thailandia è il regno del cibo, questo lo sanno tutti. Nel weekend faccio gite fuori porta, o esploro i quartieri della città in vista di possibili investimenti. Ho acquistato un appartamento come investimento e pianifico nuovi investimenti in questo territorio. Il capitale umano, la tecnologia e le infrastrutture rappresentano per me segnali di futura crescita. E ho scelto di investirci.

 

Working abroad, il lavoro secondo gli expat!

Sono sempre di più gli Italiani, in particolare gli under 35, che scelgono di trasferirsi all’estero. C’è chi è a caccia di nuove opportunità e chi, più semplicemente, grazie al remote working, decide di andare a vivere (e lavorare) in un nuovo paese. Con “Working abroad, il lavoro secondo gli expat!Phyd prova a raccontare questa comunità in continuo divenire per condividere suggerimenti, idee e informazioni che possano tornare utili a tutti.

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